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” I Minni di Virgini”, un dolce impudico tipico di Sambuca di Sicilia

Quella di Enrico Pendola a Sambuca di Sicilia pare sia la pasticceria  ritenuta migliore di quella zona nota per le sue celebri minni di virgini, dolce tipico del territorio soprattutto per la fedeltà alla ricetta originaria.

 

Ma ad una saggia assaggiatrice ovviamente le parole non potevano bastare, poiché sono i fatti quelli che contano. Dunque dopo averle assaggiate, analizzando  attentamente i sapori di tutte le parti che compongono queste panciute ed impudiche paste di frolla ripiene, possiamo assolutamente sostenere che se la caratteristica della frolla è la sua friabilità e fragranza, della crema di latte il profumo e la delicatezza, e della conserva di cedro la sua personalità ben accompagnata dal carattere deciso e irriverente di corposi pezzi di cioccolato, allora sicuramente quelle di Pendola sono davvero le migliori .

L’invenzione di questo dolce irriverente  fu  opera di suor Virginia  Casale di Rocca Menna  alla quale nel  1725,  in occasione dei festeggiamenti in onore dei marchesi Pietro e Anna Beccadelli,  fu chiesto da Donna Francesca Reggio, divenuta Marchesa di Sambuca per aver sposato Don Giuseppe, di escogitare  novità assolute nei campi di sua  competenza  tra cui la pasticceria. L’idea di Suor Virginia fu così  quella di realizzare un dolce sensitivo utilizzando ingredienti di ispirazione divina  quali zuccata, la crema, l’essenza di garofano e di cannella, cioccolato, oltre ai classici farina, uova, latte e burro.

In realtà, sembra che la forma di questi dolci, simili per la loro rotondità a seni di fanciulla in erba, volendo tradurre l’epiteto, sia stata suggerita da quella delle colline che  la religiosa osservava dalla cella del convento e che sia stata, piuttosto  la libera interpretazione  unita alla malizia,  tipicamente  maschile di Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo a definirle  impudiche paste delle Vergini chiedendosi come mai il Santo Uffizio, non avesse pensato  di  proibirle.

Spesso alcuni commettono l’errore tanto facile quanto grossolano di confondere i Minni di virgini a con i Minnuzzi di Sant’Ajta, dolce tipico catanese in onore di S.Agata che si festeggia il 4 febbraio. In realtà questi ultimi  sono ripieni di ricotta,  cioccolato e canditi e ricoperti di una glassa bianca al cui centro svetta una impertinente ciliegina candita, a mo’ di capezzolo,  quindi ben lontani dalle caratteristiche Minni di virgini.

Ciò che è certo è che  si tratta di una preparazione opulenta che  riunisce in sé tutta la ricchezza e il “sentimento” della sicilianità, in un commovente equilibrio di sapori ottenuto, dal connubio tra la qualità delle  materie prime, il rigore del procedimento (dosaggi, manipolazione, cottura) e il rispetto dei giusti tempi, condizioni imprescindibili per la riuscita.
Enrico Pendola è uno dei pochi pasticceri sambucesi che con sacralità e dovizia prepara questi soavi dolci,  predisponendo  con meticolosità gli ingredienti, ma soprattutto curandone  la forma e le dimensioni, scherzando anche sulla sua capacità  di “ creare minni di taglie diverse” in base alla fonte di ispirazione. Ma se possono cambiare le taglie, la bontà di ciascuna minna resta unica, frutto di un lavoro definibile chirurgico che accosta la pasticceria di Pendola più ad una sala operatoria che ad un laboratorio.

La parte più difficile del lavoro, infatti,  è la modellatura della minna-  spiega Pendola e continua– con abilità e senso artistico, la pasta, viene rigirata tra le mani cercando di farle assumere la forma del seno, operazione non certo facile; alla fine si definisce il capezzolo che è la parte più complicata del dolce, che deve essere proporzionato e marcatamente ben evidenziato”. In attesa di gustare quelle di Pendola, ecco, di seguito, la preziosa ricetta per preparare le minni di virgini in casa.

“Minni di virgini”

Ingredienti
(per l’impasto)
Farina 400 g di farina doppio zero
150 gr. di zucchero( di canna)
150 gr. di burro (margarina vegetale senza grassi idrogenati)
latte (vegetale)
un  uovo ( 2 cucchiai di yogurt di soia bianco)
vaniglia
Per la  crema di latte
1 litro di latte(vegetale)
160 grammi amido per dolci
un baccello di vaniglia
100 grammi di zucchero (di canna)
Per il ripieno
crema di latte, zuccata, scaglie di cioccolato fondente; essenza di fiori di garofano e cannella.
Per la glassa trasparente : zucchero a velo, succo di limone, acqua.
Per la decorazione: “diavolicchi”.

Setacciate la farina ed amalgamatela con il burro quindi, disponetela a conca e aggiungete lo zucchero, l’uovo, la vaniglia ed il latte necessario. Create un impasto omogeneo e consistente e avvolgetelo in una pellicola lasciandolo riposare per circa due ore.
Nel frattempo aprite a metà il baccello di vaniglia, ed  estraetene  il contenuto aiutandovi con un coltello, e mettetelo da parte. Mettete sul fuoco una ciotola con 8 dl del latte, lo zucchero ed il baccello di vaniglia svuotato. Intanto, nel latte rimasto, sciogliete l’amido e, in questo composto unite il latte caldo, dopo aver eliminato il baccello di vaniglia. Mettete sul fuoco a fiamma dolce, aggiungere i semi di vaniglia, messi da parte in precedenza e, sempre rimescolando, fate addensare la crema.
Successivamente, stendete la pasta a sfoglie di circa 5 mm di spessore e ricavate dei dischetti di circa 10 cm di diametro; ponete la pasta negli stampini a coppetta e riempite la cavità con la crema di latte, mentre nella parte superiore porrete la zuccata mista alle scaglie di cioccolato. Sovrapponete i dischetti, precedentemente preparati, e sigillate bene i bordi, quindi, poneteli in una teglia da forno e infornate a 200 °C per circa 20 minuti.
Sciogliete lo zucchero a velo con succo di limone e un po’ d’ acqua; con una frusta miscelate il composto fino ad ottenere una crema liscia ed abbastanza densa. Spennellate le paste, già fredde, con la glassa e decorate con una pioggia di “diavolicchi”. Prima di servire fatele asciugare.

 

Quando alla passione per il cibo, inteso nella sua accezione più nobile di storia e cultura della gastronomia, si unisce quella per la scrittura, può divenire forte l’esigenza di creare un contenitore in grado di riunire tutte le tematiche che ruotano intorno a questo inesauribile argomento.

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