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La leggenda di San Martino, una festa per ricchi e per poveri

Quella legata a San Martino è una delle leggende più educative che si conoscano, non solo perché racconta la bontà del gesto compiuto dal giovane Martino ma anche, e soprattutto, della conseguente ricompensa “divina” da lui ricevuta che si ricollega al concetto tanto raro quanto prezioso, di gratitudine, purtroppo sempre più desueto.

La leggenda narra, infatti, che durante una nevicata, il buon Martino si privò della metà del suo mantello per offrirlo ad un mendicante infreddolito, incontrato per strada. Improvvisamente riapparve il sole per premiare Martino di questo gesto e attenuare il freddo gelido della neve. Da allora il periodo che coincide con il giorno in cui si festeggia il santo (11 novembre)  e i giorni che lo precedono e lo seguono è detto, appunto, “estate di San Martino”, che riserva, soprattutto in Sicilia, sempre una piccola parentesi di bel tempo, prima dell’inizio dell’inverno che , in realtà, rigido non è mai.

San Martino, da sempre rappresentato nell’iconografia sacra con armatura, mantello e spada, in sella ad un cavallo bianco in quanto era divenuto soldato poiché un’ordinanza del periodo prevedeva che lo divenissero tutti i figli degli ufficiali dell’esercito romano.

In Sicilia, a Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, per San Martino, si ripete un’antica usanza d’origine balcanica, che consiste nella “fornitura” da parte dei parenti agli “sposi novelli” del necessario per affrontare l’inverno alle porte. Già dalla mattina, si svolge una vera e propria “processione” durante la quale i bambini recano in mano cesti e canestri foderati con teli ricamati e adorni di addobbi floreali  colmi di “panuzzi di san martino”, frutta secca e , a volte, anche frutta di pasta reale dai colori sgargianti. I genitori dello sposo  regalano alla coppia un cesto  contenente ”u quadaruni”, ossia una grossa pentola di rame e un pane dalla forma circolare simile ad una corona detto “cugliaci”; mentre nel cesto  dei genitori della sposa oltre alla ” brascera”, cioè il braciere di rame che servirà a riscaldare la casa nei mesi invernali , si usano mettere dei pacchi di spaghetti come simbolo di lunga vita e un pane rotondo e piatto detto “pitta” la cui rotondità simboleggia la perfezione dell’universo che i familiari si augurano si rifletta nel menage familiare.

La sera dell’11 novembre i parenti e gli amici degli sposi, si recano a visitare i “san martini”, portando oltre ai cesti , altri doni  che li aiuteranno nella organizzazione della vita domestica e per le strade  del paese  vi è un continuo andirivieni di persone festose  al suono di musiche e di canti.

Si tratta  di una ricorrenza in cui si celebra il valore della famiglia in quanto nucleo fondamentale per la creazione di una società sana e solida. La tradizione vuole che esista un San Martino “dei ricchi”, che ricorre l’11 Novembre e uno dei poveri, che si festeggia la prima domenica successiva al giorno 11 poiché questi ultimi, per potere imbandire la propria tavola rendendola degna di un  santo, dovevano attendere la paga settimanale.

Ad ogni modo, sia che si tratti di ricchi che di poveri, tutti a Palermo sono soliti “abbagnare nn’u muscatu” ovvero inzuppare nel vino moscato, il tradizionale biscotto di San Martino detto appunto “sammartinello” in onore di San Martino e nel rispetto del valore più importante che  egli ci ha trasmesso ossia la compassione nei confronti del prossimo bisognoso e l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei “panni altrui”, anche se, in questo caso, è stato lui a  donare i propri.

Dal medesimo impasto utilizzato per fare i “sammartinelli” tricotti ( cioè cotti tre volte) si ottiene il “rasco”, (più morbido poiché cotto solo 1 volta) che viene riempito con una crema di ricotta e cosparso di zucchero a velo e cannella, oppure, riempito di conserva di cedro, ricoperto di glassa bianca o marrone (al cioccolato) e decorato in maniera barocca con confettini, fiorellini di zucchero e cioccolatini dalle carte luccicanti.

Per coloro che si volessero cimentare nella preparazione  dei “panciuti “ biscotti  di san martino, sia nella versione secca da inzuppare che in quella piacevolmente morbida, di seguito, proponiamo la ricetta, nelle tre varianti esistenti.

Biscotti di San Martino (tricotti)

Ingredienti

  • 1 kg di farina
  • 50 gr di lievito di birra
  • 300 gr di zucchero semolato
  • 250 gr di burro ( o margarina vegetale senza grassi idrogenati )
  • 30 gr di semi di finocchio
  • una stecca di cannella regina
  • una presa di sale

Sciogliete il lievito in poca acqua tiepida. Amalgamate la farina con il lievito sciolto con l’aiuto di un cucchiaio di legno, aggiungete poi il burro, lo zucchero, i semi di finocchio e la cannella fino ad ottenere un impasto soffice e compatto. Ricavate dall’impasto tanti bastoncini della lunghezza di circa 10 cm  che avvolgerete a spirale. Poneteli in una teglia imburrata  (o sulla carta forno ) a lievitare per circa un ora. Una volta lievitati, poneteli in forno preriscaldato a 200° per dieci minuti, quindi sfornateli e infornare di nuovo per altri 20 – 25 minuti  a 160° accertandovi che non scuriscano troppo.

Una volta cotti lasciate i biscotti a riposare nel forno spento per qualche ora, così raggiungeranno quella particolare croccantezza e friabilità che li caratterizza.

Biscotti di San Martino imbottiti di conserva di cedro e decorati

Agli ingredienti della ricetta precedente aggiungete:

  • Conserva di cedro ( o zuccata) q.b.,
  • Glassa di zucchero (100 gr di zucchero e due cucchiai di acqua) q.b. Confettini argentati e colorati.

Procedete come nella ricetta precedente, ma cuoceteli una volta sola a fuoco medio e fino a  quando sono cotti ma morbidi. Tagliateli a metà e farciteli di conserva. Preparate la glassa con 100 gr di zucchero a velo e due cucchiai di acqua, mescolando fin quando non risulta piuttosto densa e, dopo averli spennelati di conserva,  ricopriteli interamente con la glassa di zucchero. Decorate, infine, con i confetti, le caramelle, e cioccolatini. Lasciate asciugare.

Biscotti di San Martino ripieni di ricotta

Agli ingredienti della prima ricetta  aggiungete:

  • Moscato q.b.,
  • Ricotta q.b.,
  • Zucchero a velo q.b.

Procedete come nella prima ricetta, mettete i biscotti in forno a fuoco moderato e tirateli fuori quando sono cotti ma morbidi. Tagliateli in due parti, di cui una sia pari ai 2/3 e l’altra 1/3 dell’intero e lasciate raffreddare. Bagnate leggermente le due parti con il moscato. Passate la ricotta 3 volte al setaccio al fine di ottenere una crema soffice e spumosa, lavoratela con lo zucchero a velo.

Mettete sulla base (la parte più spessa) la crema di ricotta  e coprite con il “cappello” (la parte più sottile).Spolverate la parte superiore con zucchero a velo e cannella in polvere.

Quando alla passione per il cibo, inteso nella sua accezione più nobile di storia e cultura della gastronomia, si unisce quella per la scrittura, può divenire forte l’esigenza di creare un contenitore in grado di riunire tutte le tematiche che ruotano intorno a questo inesauribile argomento.

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