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La “Festa dei Morti”: tutti i must e la ricetta della frutta di martorana

Poiché per i palermitani ogni “occasione è buona” per  festeggiare, la commemorazione dei defunti assume a Palermo  i connotati tipici  di una festa le cui origini hanno radici antichissime.

 

Da sempre  il lutto si associa alla tristezza e al dolore. Si pensi che nell’antica Grecia e nella Roma classica, esistevano, le cosiddette prèfiche, lamentatrici di professione  pagate per piangere, urlare, strapparsi i capelli e, addirittura, graffiarsi il viso, seguite da un corteo di mimi e danzatori. Vestite di nero e calze bianche, tra grida di dolore e strofe che celebravano le qualità del defunto, avevano il compito di vegliarlo e di accompagnarlo lungo il corteo funebre.

Di contro, per i palermitani per i quali  “santu ca veni, festa ca fai”  la ricorrenza dei defunti si trasforma in un vero tripudio di luci, colori e sapori che ben poco ricordano la mestizia di un giorno dedicato alla commemorazione dei propri cari estinti.

Ecco che,  nell’ultima settimana di ottobre che precede la festività, i bar e le pasticcerie iniziano a riempirsi di variopinti frutti di martorana (pasta di mandorle), pupi di zucchero, mustaccioli, nucatoli e “ossa di morto” e nei negozi comincia un assortimento illimitato di giocattoli (bambole, mobili, peluches, pistole, fucili e biciclette) che rappresenteranno i doni che i morti nella notte tra l’1 e il 2 novembre porteranno ai bambini.

 

In concomitanza per tutta la città appaiono, come funghi,  ad ogni angolo di strada, le bancarelle illuminate da grappoli di lampadine scintillanti che incorniciano gli stessi dolci di fattura più grezza  di quelli che si trovano nelle pasticcerie più rinomate ma  proprio per questo ancora più caratteristici per i colori più accesi, a volte innaturali, che li rendono unici. I venditori ambulanti dispongono sulle loro bancarelle ogni sorta di dolciume e leccornìa per offrire ampia scelta a ciascuno nella composizione del proprio “cannistru”, ovvero un cesto contenente tante varietà di golosità da consumarsi nel giorno della festa.

La mattina del due novembre  i bambini iniziano una “caccia al tesoro” che avrà come esito un cesto colmo di dolciumi e giocattoli raccolti per casa:  i frutti lucidi e colorati, cioccolatini dalle cartine iridescenti, caramelle a forma di spicchio d’arancia e di limone, gommose ripiene di liquirizia a forma di banana e  pupi di zucchero dai colori scintillanti. Con un simile “ bottino” come si fa a temere la Morte?

Per il pranzo di questo giorno immancabile  la  “muffoletta” ovvero una pagnotta condita con pomodoro, ricotta, olio, sale, pepe, origano, caciocavallo e acciuga,  accompagnata da frutta di stagione come le caldarroste, melograni, loti, carrube, datteri, fichi secchi, e i cosiddetti “murticeddi “ovvero piccoli frutti verdi dal sapore aspro e pungente.

In questo giorno in molte case si assiste al tradizionale rituale della realizzazione della” frutta di martorana “ che deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio o della Martorana, poiché secondo una nota tradizione,  le suore del convento della Martorana,  in occasione della visita del papa Clemente V, per abbellire il loro giardino, per sostituire sugli alberi  i frutti raccolti, ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero.

Di seguito vi proponiamo la semplice e gustosa ricetta.

Frutta martorna

La frutta di Martorana è il dolcetto per eccellenza della tradizione dolciaria siciliana. Fatta di pasta di mandorle finemente modellata e colorata in modo da imitare alla perfezione frutti e ortaggi in scala ridotta, la frutta di Martorana fu inventata certamente dalle monache del Monastero della Martorana, fondato a Palermo dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194.

Portata Dessert
Cucina Siciliana
Preparazione 1 ora 20 minuti
Cottura 30 minuti
Tempo Totale 5 ore 50 minuti
Porzioni 30 frutti
Calorie 458 kcal

Ingredienti

  • 1 kg. farina di mandorle
  • 1/2 kg. zucchero a velo
  • 4 cucchiai di glucosio
  • 2 fialette essenza di mandorle amare
  • 8 cucchiai di acqua

Occorrente: Stampini di gesso di diverse forme, farina per spolverare gli stampi, colori alimentari, lucidante alimentare, pennelli.

In una ciotola mescolate la farina con lo zucchero a velo, aggiungete quindi il glucosio, le fialette di mandorla e, infine, i cucchiai di acqua. Cominciate a fare amalgamare tutti gli ingredienti aiutandovi con un cucchiaio di legno e, quando vedrete che l’impasto comincia a “prendere corpo” continuate a lavorarlo con le mani su un ripiano liscio (o in una planetaria) , avendo cura di raccogliere tutte le briciole che si staccheranno dal composto. Quando avrete ottenuto una consistenza liscia, uniforme e leggermente oleosa, tagliate il composto in tante parti quante sono i tipi di frutti da realizzare. Cospargete gli stampini di farina per non fare attaccare il composto e inserite, esercitando una leggera pressione, la dose di pasta di mandorle necessaria per riempire ciascuno stampo. Una volta staccati “i frutti” con delicatezza, lasciateli asciugare almeno 24 ore. Procedete quindi con la colorazione cercando di ottenere colori tenui e simili a quelli reali. Fate asciugare per altre 24 ore. Infine, lucidate tutti i fruttini con il lucidante tranne la “pesca” che è l’unico frutto che nella tradizione palermitana rimane “opaco” per ricordare la “peluria” sulla buccia.

N.B.Tutti gli ingredienti ed attrezzi necessari possono essere comprati presso negozi specializzati nella vendita di prodotti dolciari.

Quando alla passione per il cibo, inteso nella sua accezione più nobile di storia e cultura della gastronomia, si unisce quella per la scrittura, può divenire forte l’esigenza di creare un contenitore in grado di riunire tutte le tematiche che ruotano intorno a questo inesauribile argomento.

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