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Le “Rame di Napoli”, golosi dolcetti etnei tipici del 2 novembre

Mentre le vetrine di pasticcerie, bar e, anche, panifici a Palermo, in occasione della ricorrenza dei Morti, il 2 novembre, “straripano” di frutta di Martorana, tetù, pupaccena, reginelle, ossa di morto, solo per citarne alcuni, se vi trovate a passeggiare per le vie di Catania, nello stesso giorno, noterete, a farvi occhiolino dalle vetrine, alcuni dolcetti ammiccanti a forma di moneta di cioccolato dal guscio croccante e dal cuore morbido: le rame di Napoli.

 

Si tratta di biscotti soffici al cacao, speziati e guarniti con cioccolato fondente e pistacchi tritati.
A dispetto del nome, sono dolci tipici di Catania, dove fecero la loro comparsa, quasi certamente,  ai primi dell’Ottocento, divenendo presto tra i dolci più apprezzati della” Festa dei Morti”.

Diverse le ipotesi sull’origine del nome.  Secondo alcuni le rame furono inventate da un pasticciere di Napoli e/o il cui cognome era Napoli, altri suppongono  che furono inventate come atto di omaggio da parte dei catanesi nei confronti di Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie.
L’ultima teoria, nonché la più verosimile, ha a che vedere anch’essa con il Regno delle Due Sicilie. Si racconta, infatti, che un pasticcere catanese fu ispirato nella creazione delle “Rame di Napoli” dall’introduzione di una nuova moneta di lega di rame a seguito dell’unificazione del Regno di Napoli con il Regno di Sicilia sotto la dinastia dei Borboni.
Come nel caso dei tetù,  anche la ricetta attuale  di questi golosi dolcetti etnei comprende, tra gli ingredienti base, una certa quantità di avanzi di pasticceria quali panzerotti, cornetti, brioches ecc. In mancanza di questi ingredienti, che non sempre si trovano in casa a portata di mano,   si può pensare di usare qualche brioscina, uovo e biscotto e aumentare  le dosi degli altri ingredienti principali fino a raggiungere la consistenza necessaria. Di seguito vi proponiamo la ricetta per chi volesse cimentarsi nella  loro  preparazione casalinga.

 

Le “Rame di Napoli”

Ingredienti
Per i biscotti
500 g di farina di grano tenero
200 ml di latte (vegetale)
200 g di zucchero
100 g di cacao amaro
100 g di biscotti frollini
125 g di burro ( margarina senza grassi idrogenati)
2 uova ( uno yogurt vegetale)
Un cucchiaio abbondante di marmellata di arance
Un cucchiaio di miele (sciroppo di agave)
Un cucchiaio abbondante di cannella in polvere
10 g di ammoniaca
Un cucchiaino scarso di chiodi di garofano macinati

In una ciotola amalgamate  le uova, lo zucchero, la marmellata, i biscotti macinati, le spezie, il cacao amaro, il miele e il burro precedentemente sciolti a bagnomaria e cominciare ad amalgamare, aggiungendo, poco alla volta, la farina setacciata, quindi l’ammoniaca e il latte a filo, fino al punto di ottenere un composto dalla consistenza omogenea, liscia e cremosa ma non troppo appiccicoso. Lasciate riposare per un’ora. Trascorso questo tempo, disponete l’impasto a cucchiaiate dalla forma ovale su una teglia rivestita con carta da forno, avendo cura che tra una “rama” e l’altra vi sia una distanza di almeno 3 cm. Cuocetele  in forno preriscaldato a 160 °C finchè le vedrete  gonfiare e avere una consistenza poco più dura di quella del pan di Spagna ( dopo circa 10-20 minuti).
Una volta cotte, lasciatele  raffreddare a temperatura ambiente.  Nel frattempo preparate  una glassa tiepida di cioccolato e burro fusi a bagnomaria con cui le decorerete una volta fredde, e le  cospargerete con un po’ di granella di pistacchi per servirle quando la glassa si sarà asciugata.

N.B. Esiste una variante un po’ più ricca delle rame di Napoli che  prevede l’aggiunta di  canditi e uva passa nell’impasto. A volte, inoltre,  la marmellata di arance viene sostituita con la  confettura di albicocche o Nutella. Queste possono essere aggiunte direttamente nell’impasto oppure,  introdotte dopo la cottura,  a mo’ di farcitura,  dopo averle tagliate a metà,   prima di procedere alla glassatura con cioccolato. Come decorazione  alternativa ai pistacchi si usano, infine,  anche le mandorle.

Quando alla passione per il cibo, inteso nella sua accezione più nobile di storia e cultura della gastronomia, si unisce quella per la scrittura, può divenire forte l’esigenza di creare un contenitore in grado di riunire tutte le tematiche che ruotano intorno a questo inesauribile argomento.

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